LA CITTA' DEL SOLE E LA GEOGRAFIA SACRA

Ermetismo, città del sole, geografia sacra 
(Tratto dal libro di Sandro Pravisani "Il segreto di San Teobaldo")


Le connessioni tra forze celesti e telluriche, stanno alla base della conoscenza ermetica, ovvero del “corpus hermeticum”, l’insieme di insegnamenti che presero forma nei primi tre secoli del primo millennio in Egitto.
Altre discipline e tradizioni spirituali in tutto il mondo condividono con la tradizione Ermetica la visione dualistica dell’universo e la possibilità di interagire con le forze che lo governano per portare benefici alla condizione umana e spirituale dell’individuo.
In Europa, le conoscenze tramandate da Hermes (l’equivalente del Mercurio romano e del Toth egizio), circolano ufficialmente a partire dal 1460, quando un frate al ritorno da un viaggio in oriente (Costantinopoli), consegna alcuni manoscritti al ricco e potente Ludovico De’ Medici, signore fiorentino che nutriva il sogno di ridare alla vecchia Europa l’antica scienza ermetica ormai creduta persa per sempre.
In tutta la letteratura ermetica viene data una grande importanza alla città.
Una città magica, cosmica, ovvero progettata e costruita in modo tale da poter indirizzare i giusti influssi astrali sui suoi abitanti. 
Più indietro nel tempo troviamo gli antichi testi egiziani delle piramidi, tra gli scritti più antichi del mondo, risalenti al 2300 a.C. circa. Anche qui troviamo riferimenti alle sacre funzioni delle città che riecheggiano negli Hermetica, molto posteriori nel tempo e  apparentemente senza legami con essi. Di particolare interesse è il discorso 319, nel quale apprendiamo che è responsabilità del Re,  durante il suo regno, costruire una città della divinità: “Il Re ha    potere sulle terre del sud e le terre del nord, e gli dei che esistevano precedentemente, il Re ha costruito la città della divinità secondo ciò che le è dovuto”¹.

Questi concetti, sembrano derivare da conoscenze antichissime, fluite attraverso i secoli e riemerse in vari momenti storici di grande cambiamento.
Il concetto che sia sacro dovere del Re costruire una città che unirà armoniosamente cielo e terra a beneficio dei suoi abitanti sarebbe stato ripreso circa quattromila anni più tardi dal grande filosofo ermetico Tommaso Campanella. Basandosi interamente sui suoi studi sugli Hermetica, Campanella dichiarava agli inizi del XVII secolo di poter “costruire una città in modo così meraviglioso che solo guardandola si potevano apprendere le scienze”².

Esiste evidentemente una continuità storica nella quale un certo tipo di conoscenza viene trasmessa, passando attraverso tradizioni e miti, solo apparentemente lontani nello spazio e nel tempo.
Queste informazioni non hanno mai smesso di circolare fin dai tempi più antichi.
In Italia le ritroviamo a partire dalla cultura Rinaldoniana, e dai loro eredi, gli Etruschi che utilizzavano le “discipline” per percepire le qualità nascoste degli elementi naturali, riuscendo a trarre benefici e ispirazione (divinazioni) dalla terra, dal cielo e dalle manifestazioni del sacer, la linfa intangibile che proviene dal mondo delle divinità e che dona la vita.

Gli Etruschi condividevano con gli altri popoli italici l’arte della suddivisione del territorio e la conoscenza degli influssi terreni ed astrali, grazie all’ufficio di Auguri, Fulguratori ed Aruspici. Uno dei più famosi di cui la letteratura latina ci abbia lasciato traccia è senz’altro Cornelio Augure che, durante la battaglia decisiva nella guerra civile tra Cesare e Pompeo svoltasi a Farsalo, dalla sommità del Montirone (Abano Terme) riporta “in diretta” le fasi salienti del conflitto annunciando la vittoria di Cesare.   
In Europa Celti, Germani e Iberici utilizzavano le conoscenze derivate da entità che si manifestavano attraverso la natura. Forse i più conosciuti o per lo meno coloro che mantennero queste discipline fino al periodo della diffusione del cristianesimo nel continente, furono i druidi della tradizione celtica.
Nell’alto medioevo, in mezzo a tanto disordine e miseria, la circolazione del sapere tecnico e filosofico in Europa deve moltissimo all’opera dei benedettini.
Grazie a quei monaci, prima ancora della mediazione musulmana, fummo in grado di conoscere Platone, Aristotele, Pitagora e gli Alessandrini ellenistici.
Grazie al loro paziente lavoro di ricerca e riscrittura dei testi classici, in Europa continuarono a circolare quelle scienze antiche che altrimenti sarebbero scomparse con il decadimento della società dopo la caduta dell’impero romano.
Furono loro ad assicurare la trasmissione di conoscenze, arti e tecniche come anche i principi per la costruzione in pietra raccogliendole dagli ultimi artigiani romani capaci di innalzare un    muro, dai bizantini dell’Italia meridionale e da quelli della stessa Bisanzio¹.
I benedettini svolsero un lavoro di integrazione tra le varie tradizioni presenti in Europa, supportati da una teoria di base classica capace di dare alla nuova civiltà spessore e spinta aggregativa.


¹ R.O. Faulkner, The ancient egiptyan book of the dead, British Museum Publications, Londra, 1989
²  G. Hancock & R. Bauval, Talismano, TEA Ed., Milano, 2006
³  L. Charpentier, I misteri dei templari,  Atanor Ed., Roma 2001
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