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I GIORNI DELLA MERLA E LA SCIENZA DEL CIELO

Seguendo le tracce dell'antica scienza del cielo

Stanno arrivando i giorni della merla, un periodo dell'anno... a dir poco magico!


Conoscete la leggenda della merla?
Si dice che un tempo questo uccello fosse bianco... Un giorno, alla
fine di Gennaio, quando le giornate stavano diventando più lunghe e il sole iniziava timidamente a far sentire il suo tepore, la merla uscì dal nido con i suoi piccoli in cerca di cibo. Ma improvvisamente tornò il gelo e il gruppetto, preso alla sprovvista, si rifugiò all'interno di un comignolo in cerca di calore. Il freddo durò per tre lunghissimi giorni. Fortunatamente la merla e i piccoli ne uscirono indenni ma con le piume tinte di nero dalla fuliggine. Da quel giorno, tutti i merli nascono di colore scuro. (clicca qui per altre varianti della leggenda)

Questa tradizione prende spunto da un particolare fenomeno naturale che avviene a cavallo degli ultimi giorni di Gennaio e l'inizio di Febbraio e che per la sua regolarità si è conquistato un posto di rilievo nella tradizione popolare.
Ma se ci pensate bene, i giorni della merla hanno un corrispettivo nell'arco dell'anno dove però avviene un fenomeno opposto; nella prima metà di Novembre, infatti, nel momento in cui le temperature stanno scendendo, nell'atmosfera si diffonde un magico tepore che viene chiamato in tutta Italia "estate di S. Martino".
Volete fare un gioco? Prendete il calendario, segnate il giorno di San Martino (11 Novembre) e il 30 Gennaio. Ora fate un semplice conteggio, quanti giorni separano queste due date?

E avete scoperto cosa si nasconde proprio al centro di questa finestra temporale? Se non ci avete fatto caso, vi lascio qualche altro secondo per ricontrollare...



Sì la risposta è il 21 Dicembre, il solstizio invernale.
E non è finita...

Se cercate tra i nomi dei santi festeggiati il 30 Gennaio, troverete un'interessante coincidenza. In quella data viene celebrata Santa Martina, quasi una versione opposta e complementare al santo di Tours (San Martino). E' possibile che la scelta di dedicare a due personaggi quasi omonimi i due giorni in questione, non sia casuale? Le due date infatti cadono simmetricamente, come i due piatti di una bilancia, e diametralmente opposte rispetto al giorno del solstizio che fa da spartiacque tra l'oscurità e la luce.

Ho deciso di indagare su questa possibilità: colui che decise di fissare la data del ricordo della martire del III sec. fu un personaggio particolare, Papa Urbano VIII (della famiglia dei Barberini che furono proprietari dell'imponente tempio della dea Fortuna a Palestrina, RM), profondamente coinvolto nel revival seicentesco del simbolo solare utilizzato come metafora della luce divina, capace di illuminare le anime dei mortali. Tra i personaggi di cui amava circondarsi e ai quali commissionò importanti lavori sparsi per Roma e il Lazio troviamo i maggiori artisti e intellettuali dell'epoca (Pietro da Cortona, Gian Lorenzo Bernini, Athanasius Kircher, Tommaso Campanella, etc.), accomunati da una medesima passione per l'antica scienza delle proporzioni auree. Ma questa è un'altra storia...

Tornando alla leggenda della merla, in quei due momenti dell'anno avviene qualcosa di veramente strano, tutto si capovolge, arriva il caldo quando dovrebbe fare freddo e il gelo quando la terra si sta lentamente scaldando. Sicuramente questi prodigi devono essere stati di grande impatto per le genti dell'antichità, tanto più che con la loro regolarità offrivano la possibilità di controllare lo scorrere del tempo e prevedere fenomeni incomprensibili ma determinanti per le attività sociali ed economiche così dipendenti dal ciclo della natura.
I giorni più freddi dell'anno, cadono inoltre vicini ad altre importanti festività sia della tradizione nordica, Inbolc (1 Febbraio), sia di quella cristiana, Candelora (2 Febbraio). Ma anche San Martino cade in prossimità di due feste che accomunano il calendario religioso druidico e cristiano; Samhain e le celebrazioni di Ognissanti e dei Morti.
Segnando dei punti intermedi tra solstizi ed equinozi, tutte queste date sono di particolare rilevanza per il computo del tempo e vennero tenute in grande considerazione da moltissime culture che le utilizzarono per organizzare i calendari liturgici e civili. E' probabile che queste siano tracce di una scienza del tempo, condivisa da diverse civiltà fin dai tempi più antichi, per le quali il sole era il personaggio principale di una danza cosmica che, dalla prospettiva umana, si svolge costantemente lungo la fascia dell'eclittica e che coinvolge le 12 costellazioni e i 12 segni dello zodiaco. Forse il motivo di tanto interesse nel fissare questi fenomeni naturali a leggende e miti, nasce dall'esigenza degli uomini di tracciare il tempo e rimanere collegati all'ordine superiore di un Cosmo intelligente.
 
A noi, uomini e donne dei tempi moderni, risulta molto difficile percepire l'importanza di una tecnica corretta per stabilire l'ora e la data. Allora, consiglio a tutti di fare una visita al Palazzo della ragione a Padova e sostare per qualche minuto al centro del salone. Guardando l'entrata, volgete l'attenzione a ore 10 (ops, mi è scappato...) e cercate l'ariete tra le figure sulla parete. Proseguite senza staccare lo sguardo dalle pareti, verso destra e osservate bene. La magnificenza dello sforzo nel fissare gli ingranaggi di tale meccanismo stellare, proprio al centro delle attività civili della rinata città medievale, dovrebbero solleticare la vostra sensibilità. Il mio consiglio è di lasciare che la mandibola, lentamente, scivoli verso il basso, facendo spazio ad un sano "oooohh".


L'OSSERVATORIO SOLARE DI SAJANEGA (VI) E IL SOLSTIZIO ESTIVO

L'osservatorio solare di Sajanega (VI)
e il solstizio estivo

In questi giorni è possibile assistere a un fenomeno che nell'antichità fungeva da marcatore calendariale molto importante per le attività della vita contadina legate all'avvicendarsi delle stagioni; il solstizio estivo.
Dal Latino Solis (Sole) e Statio (Sosta, fermata), la parola solstizio significa letteralmente la "fermata del sole" ovvero il giorno in cui l'astro, dopo aver raggiunto il massimo spostamento verso nord lungo la linea dell'orizzonte, pare fermarsi e lentamente, nei giorni a seguire, ritornare a sorgere sempre più a sud. Dopo aver percorso 33° (circa) in quella direzione, il 23 Settembre la posizione del sole all'alba coinciderà con l'Est esatto, l'Equinozio autunnale.

Tutti questi spostamenti sono "apparenti" poichè sappiamo che sono dovuti all'inclinazione dell'asse terrestre e ad alcuni movimenti che il nostro pianeta compie su se stesso e attorno al Sole. Ma la percezione che ne deriva e gli effetti che essi hanno sulla vita sono comunque reali e sono stati utilizzati dall'uomo nel corso dei millenni per calcolare il tempo, conoscenza importantissima nella gestione delle attività di agricoltura, caccia, pesca, navigazione e attività di ogni tipo legate ai cambiamenti stagionali.

In tutto il mondo sono stati individuati particolari luoghi naturali che grazie all'allineamento con marcatori all'orizzonti (cime di montagne e colline o avvallamenti tra due di esse) potessero fungere da "meridiane" o orologi solari, marcando cioè, il punto all'orizzonte nel quale il passaggio dell'astro segnava un giorno specifico dell'anno o i solstizi e gli equinozi. In questa maniera, l'uomo è riuscito a determinare il tempo osservando l'incessante danza cosmica del Sole, della Luna e di altri astri particolarmente visibili. Questi siti divennero sacri in quanto strumenti vitali per migliorare la vita di una comunità e, contemporaneamente, luoghi di manifestazione di particolari qualità legate alla presenza del "sacer", soffio vitale o energia che vivifica l'universo, conosciuto in tutto il mondo con nomi specifici per ogni diversa civiltà (Qi per i Cinesi, Ki per i Giapponesi, Sami per gli Inka, Prana pergli Hindù, Mana per i Polinesiani, etc.).

Con il passare del tempo, questi templi naturali vennero affiancati e successivamente sostituiti da strutture architettoniche create per ospitare i rituali e le funzioni che in ogni religione vengono codificate per far entrare i credenti in contatto con la sfera del divino che lì si manifestava.
Anche se le religioni si sono avvicendate e i culti cristiani hanno sostituito quelli pagani, molti di quei luoghi sono stati solamente convertiti ma tutt'ora insistono su fondazioni precedenti legate ad allineamenti astrali in determinati giorni dell'anno. Alcuni di essi, non solo mantengono la dedica al santo (l'intitolazione della chiesa) celebrato nello stesso giorno del precedente culto e patronati simili (Vedi S. Giuseppe e Minerva entrambi festeggiati il 19 Marzo e patroni, in tempi diversi, degli artigiani). In alcuni casi l'edificio è ancora orientato con il luogho all'orizzonte in cui è visibile un allineamento.

In provincia di Vicenza, nelle campagne di Sossano, una piccola chiesetta, dedicata a S. Teobaldo di Provins, segna il centro di un osservatorio solare naturale, che utilizza il profilo dei colli circostanti per marcare il luogo dell'alba e del tramonto del sole nei giorni dei solstizi e degli equinozi. Un enorme meccanismo che segna i momenti più importanti dell'anno connesso visivamente alla danza cosmica del sole.

All'alba dei giorni a cavallo del 21 Giugno, trovandosi su ciò che resta della "picciola altura" (come la descrive nel 1814 lo storico G. Maccà nel suo saggio "Storia del Territorio Vicentino" ) a fianco del piccolo eremo del santo francese, vedremmo il sole sorgere esattamente dalla cima del monte Castellaro di Albettone.
Lo spettacolo è particolare perchè in questi giorni, nelle prime ore del mattino, l'astro risulta molto grande e di un intenso colore arancione mentre fa capolino dalla sommità del colle all'orizzonte. E' difficile descrivere l'impatto che ne deriva da quella vista. L'atmosfera si addensa nello spazio di pochi istanti facendo fermare perfino il vento per alcuni secondi. Sull'altura da cui sembra emergere il sole sono state trovate tracce di frequentazione umana che risalgono al II millennio a.C. Successivamente, la vetta fu sede di fortificazioni in epoca medievale e ancora si possono vedere le murature a secco alla base del terrapieno.

Quel luogo dev'essere stato considerato importante fin dall'antichità.

Forse sarà una coincidenza ma il nome del paese sotto la collina riporta a una toponomastica ben precisa e collegata a riti di fondazione che si ritrovano in tutta Europa, connessi al giorno del solstizio estivo e all'alba di una nuova civiltà. Esiste molta letteratura sui nomi di luoghi sacri la cui radice viene da ALB. Molti di questi sono caratterizzati da leggende dove si parla di animali totemici caratterizzati dal colore bianco (la scrofa di Enea, il cinghiale di Milano, il bue del gargano e della città di Boville, etc), oppure da allineamenti con l'est e con il sorgere del sole in determinati momenti dell'anno.

Ma le coincidenze sono solamente all'inizio..

Al tramonto dello stesso giorno, sempre visto dalla chiesetta di S. Teobaldo, coincide con la punta più alta dei colli Berici, il monte Cistorello, un tempo detto monte della Torre, proprio nel punto dove sorge una struttura che viene definita "tempio augurale": una base quadrata di roccia ricavata da un unico blocco di 5 metri per lato. E' la zona più alta del monte, in cui furono trovate numerose monete romane di età imperiale ora disperse. Il collegamento con l'arte augurale (con la scienza della misura del territorio e del riconoscimento delle sue qualità sacre) viene da uno studio di L. Frison, profondo conoscitore delle centuriazioni del basso Vicentino.


La torre, infatti, è posizionata all'interno di una rete di punti di riferimento e allineamenti usati anticamente per la suddivisione del territorio. Come per il solstizio estivo, la Sajanega è collegata visivamente ad altri marcatori che segnano equinozi e solstizi invernali.

Man mano che si approfondiscono le osservazioni, tutta una serie di coincidenze straordinarie risulta così forte da farci abbozzare l'ipotesi che quel sistema non sia casuale, ovvero che la posizione del punto d'osservazione al centro dello stesso, la chiesetta, sia stata scelta consapevolmente e che quel sistema d'osservazione solare, sia rimasto attivo fino al medioevo.

Sembra che Teobaldo, per le sue "frequentazioni" con fraglie e corporazioni di carpentieri e scalpellini stanziate nei boschi dell'odierno Lussemburgo, nella zona di Pettingen, sia entrato in contatto con ambienti culturali di carattere iniziatico. Queste informazioni sono riportate in tutte le agiografie del Santo che descrivono un periodo di "apprendistato" presso gruppi di persone che vivevano deliberatamente lontani dalla società in capanne nel mezzo di boschi dove Teobaldo e il compagno Gualtiero prestarono servizio come carbonai e portatori di pietre.


Ciò che fa pensare ad una frequentazione con mastri e fraglie organizzate è una decorazione su un altare del 1290 nella basilica di Auxois, in Francia, dove i due sono raffigurati intenti a trasportare una pietra, la quale stranamente non è grezza ma ha già subito una lavorazione ben specifica. Questa rappresentazione ha un determinato significato simbolico in ambienti iniziatici. La pietra squadrata è un chiaro simbolo del lavoro sul proprio essere interiore.

Pensando inoltre agli ambienti culturali che Teobaldo visitò sicuramente lungo gli innumerevoli pellegrinaggi verso Santiago di Compostela e Roma, non ci sorprende ritrovarlo come patrono della Carboneria risorgimentale. C'è da domandarsi se egli abbia deciso di fermarsi presso Sajanega per puro caso o per aver riconosciuto in quel luogo già abitato da San Romualdo un secolo prima, un potere suggestivo legato ai movimenti del sole talmente forte da scatenare in chi si sia inoltrato nel cammino della crescita interiore una profonda connessione con il proprio centro.

Siti con tali proprietà sono stati considerati fin dall'antichità, luoghi di potere e a giudicare dalla mole di ritrovamenti che attestano una frequentazione umana di quel posto almeno da epoca romana, è possibile sospettare che Teobaldo, grazie ad una spiccata sensibilità alle manifestazioni del sacro, abbia riconosciuto un antico luogo di osservazione e culto del sole.


Sandro Pravisani

Autore dei libri
"Lo spirito segreto del territorio - magia dei luoghi e degli elementi della terra etrusca" - (Ed. Intermedia)
"Il segreto di San Teobaldo - geografia sacra, cavalieri templari e cultodel sole" - (Autoprodotto)

Per conoscere i punti di distribuzione dei libri o per l'invio di copie via poste contattare sandropravisani@gmail.com

TERRA MATER - Il culto del principio femminile nell'antica Europa

Intorno alla seconda metà del ventesimo secolo si è affermata in Occidente una nuova scuola di studi e ricerche, divenuta essenziale disciplina del pensiero moderno, presente in accademie e università, i cui lavori continuano ad influenzare in modo rilevante le discipline umanistiche, in particolare Storia, Archeologia, Antropologia, Psicologia, Etnologia, Storia delle religioni e Storia della filosofia. Tra i precursori di tali indirizzi va annoverato lo svizzero C. Gustav Jung, psicologo e studioso del mito,il primo a concepire un modo strutturato di interpretazione del materiale mitico e mitologico,al fine di utilizzarlo per nuovi modelli cognitivi, utili a comprendere l'essere umano e il suo mondo.

Altre importanti figure hanno affiancato Jung, tra le principali l'ungherese Caroly Kerényi, il rumeno Mircea Eliade, gli inglesi M. Esther Harding e, in ambito mitostorico e letterario, Robert Graves.

Uno dei temi centrali emerso da queste ricerche riguarda la scoperta di una millenaria e obliata fase storica del nostro passato , segnata dalla presenza di civiltà "matrifocali", civiltà dove il principio femminile fu al centro di culti e culture per un lungo periodo di tempo che, iniziato nel Paleolitico, trovò la sua decadenza nell'età del Bronzo. A dare il definitivo crisma dell'ufficialità accademica a questi studi è stata un'archeologa lituana da poco scomparsa, Marija Gimbutas, il cui indirizzo di ricerche interdisciplinari continua in vari ambiti del mondo culturale moderno.

Il lavoro svolto dalla Gimbutas ha valore epocale, poichè permette di ridefinire il quadro storico del nostro passato e i modelli culturali e religiosi che lo determinarono, in primis il modello archetipico di una Grande Dea della terra, la madre terra,esplicita forma simbolica del principio femminile creatore e divino le cui rappresentanti, le donne, ne furono le prime interpreti e adepte.

Riassumiamo sinteticamente alcune delle principali conclusioni a cui hanno portato i lavori e le ricerche degli autori precedentemente citati.

Carl Gustav Jung (1875-1961) studiò approfonditamente miti e simboli della
psiche umana, analizzando il vasto materiale reperibile in varie tradizioni del passato, con particolare attenzione alla tradizione ermetica degli alchimisti medioevali. Nei suoi due libri sull'ermetismo, "Psicologia e alchimia"(1944) e "La psicologia del transfert" (1946), Jung mette a fuoco alcuni punti fondamentali. Secondo lo psicologo svizzero , l'alchimia fu essenzialmente un tipo di "processo di individuazione" dell'essere umano, praticato dai "filosofi" dell'ermetismo medioevale che chiamarono tale processo "La Grande Opera". Questo fu il supremo compito riservato al vero uomo di conoscenza (e di fede); l'obiettivo finale, al pari della psicologia junghiana, concerneva la realizzazione del "Sè",autentico e recondito centro della psiche umana.
La realizzazione della Grande Opera alchemica era imperniata sulla congiunzione degli opposti "coniunctio oppositorum" ovvero sul principio di integrazione di elementi opposti e complementari: luce e tenebra, maschile e femminile, acqua e fuoco ecc... Tale unione, e più in generale il concetto stesso di integrazione degli opposti, fu il vero fine delle operazioni alchemiche ed ermetiche.
Da tali premesse Jung elaborò un concetto di "anima", femminile, contrapposto all' "animus", maschile. La visione junghiana dell'anima portò alla definizione di un principio femminile considerato sotto nuova luce, rivelatore di valenze e scenari del tutto nuovi. Il principio "Femineo Eterno" (così lo chiamò Goethe nel Faust) fu per i saggi della tradizione ermetica il centro focale della vita, del culto e della cultura. Il tema venne sviluppato da una delle principali allieve di Jung, la dottoressa M. Esther Harding, che pubblicò varie opere, tra cui "I misteri della donna" (Woman's mysteries, 1971). Fu l'ungherese Caroly Kerényi ( 1897- 1973), anche lui collaboratore di Jung, a sviluppare una preziosa ricerca sul senso intrinseco degli antichi miti, dedicando al principio femminile alcune opere, tra cui "Figlie del Sole" (Tochter der Sonne, 1944) e, assieme a Jung, "Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia" (Einfurung in das Wesen der Mythologie, 1940-1941) dove sono studiati gli archetipi del Fanciullo divino e della Fanciulla divina (Kore).

Da tutti questi lavori emersero nuovi stimoli e nuove prospettive, tra i quali è da segnalare l'enciclopedico lavoro di Robert Graves (1885-1985), in particolare "La Dea Bianca"(The White Goddess, 1948), incentrato sull'antica civiltà celtica e i suoi rapporti con quella Mediterranea, con la tradizione ebraica, la cristiana e, in sintesi, riscoprendo il culto di una Grande Dea in tutta l'antica Europa.
A livello prettamente accademico la tematica del principio femminile nelle civiltà premoderne fu sviluppata dal fondatore della prima cattedra di Storia delle Religioni (Chicago,1957), il rumeno Mircea Eliade. Per primo, egli propose un'esauriente e chiara interpretazione delle antiche religioni e cosmologie, comprese quelle matriarcali.

In tempi più vicini, l'archeologa lituana Marija Gimbutas (1921-1994) Ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di testimonianze archeologiche sull'antico culto di una Grande Dea della terra, riuscendo a datare e a definire i tempi e i luoghi del primordiale culto. Grazie ai nuovi dati archeologici, le iniziali ricerche di Jung, di Graves e degli altri, sono oggi suffragate da prove concrete, tangibili e materiali, che confermano l'esistenza di una longeva civiltà matrifocale nell'antica Europa, tesi che fino a pochi decenni fa era ancora considerata ipotetica e marginale.

L'origine del culto matrifocale viene fatto risalire dalla Gimbutas all'età paleolitica, dunque ai primordi della civiltà umana. Il dato è degno della massima attenzione, in quanto permette di definire la prima e la più longeva fase cultuale e culturale del passato dell'umanità . A medesime conclusioni sembrano portare varie ricerche effettuate nei continenti extraeuropei, così da potersi parlare di un vero "primato" del principio femminile alle origini della storia umana.
Riportiamo un passo della Gimbutas dove viene data una definizione di civiltà matrifocale: "Cultura caratterizzata da un dominio della donna nella società e dal culto di una dea che incarna il principio creativo come Fonte e Dispensatrice di tutto". Si tratta di una cultura "pre-indoeuropea .....matrifocale e probabilmente matrilineare, agricola e sedentaria, egualitari a e pacifica. In netto contrasto con la successiva cultura proto-indoeuropea, patriarcale, stratificata, dedita alla pastorizia, nomade e bellicosa, instauratasi in tutta Europa, eccettuate alcune aree a sud e a ovest, durante tre ondate di invasioni dalle steppe russe, tra il 4500 e il 2500 a.C.".
A conferma di quanto affermato, la Gimbutas ha pubblicato i disegni, le foto e la catalogazione di un innumerevole quantità di reperti archeologici che attestano l'antico culto. La Gimbutas scrive che: "Circa 20.000 piccole sculture (della Dea) in argilla, marmo, osso, rame o oro sono oggi conosciute, da un totale di circa 3.000 siti del Neolitico e del Calcolitico dell'Europa sud-orientale". L'area presa in esame dalla Gimbutas è compresa tra: Italia centro-meridionale, Grecia, Balcani e area danubiana, Creta, Mar Egeo, Anatolia e sponde occidentali del Mar Nero. L'epoca di sviluppo di una civiltà matrifocale in quest'area è fissata intorno al VIII millennio a.C.. Stessa data gli storici assegnano all'inizio della "rivoluzione neolitica". E ancora: stessa data che i ritrovamenti di ambra permettono di attribuire all'inizio della navigazione sui mari.
L'inizio dell'era del Bronzo (2000 a.C. circa) viene fatta corrispondere dalla Gimbutas alla fase di decadenza delle antiche civiltà matrifocali. Fine e decadenza che i grandi cantori epici del passato, Omero e Virgilio, celebrarono nei loro poemi sulla caduta di Troia e sui viaggi nel Mediterraneo compiuti da eroi greci e troiani (Ulisse, Enea) alla ricerca di nuove terre. La storia e il mito di Troia sono in assonanza con avvenimenti decisivi e cruciali dell'età del Bronzo finale (1200 a.C. circa): la caduta dell'ultimo baluardo della Grande Dea, Ilio o Troia, fu causata da invasori indoeuropei, i "nuovi Greci", forse i Dori, gli Achei o altri popoli patriarcali scesi da est nelle terre mediterranee.

Nonostante il lento decadere ed estinguersi delle civiltà matrifocali, forme e archetipi del principio femminile continuarono a trovare espressione e, in non pochi casi, a riemergere significativamente in fasi cruciali della storia umana. Il culto di una Grande Dea sopravvisse nei secoli sotto varie forme presso tutte le maggiori civiltà europee. In Italia, con la civiltà etrusca (X secolo - I d.C.) la Grande Dea e il suo culto furono al centro della vita religiosa e sociale per molti secoli. Il culto patriarcale si instaurò soprattutto in seguito all'espandersi della civiltà romana e di quella ateniese, arrivando infine la Chiesa cristiana a promuovere una lunga e sanguinosa repressione contro la "vecchia religione", destinandola a una sempre più estrema clandestinità e illegalità.
L'impatto tra Cristianesimo e mondo "pagano" (dove ancora sussisteva il culto della Dea) fu meno violento nel mondo celtico. Ne è prova il sopravvivere di tradizioni relative a importanti figure femminili di età medioevale (come Guinevere e Morgana ) la cui vera identità rimanda ad antiche divinità del pantheon celtico, Gwenddydd e Morrigan.
Nell'antico Egitto il culto di Iside fu perpetuato nei secoli da celebri regine, Nefertiti e Cleopatra le più note. Ad Alessandria d'Egitto, in quella che fu la più importante Biblioteca del mondo antico, furono depositati i testi del "Corpus Hermeticum", vero tesoro di conoscenze ermetiche e cosmologiche dove il primordiale simbolismo del principio femminile era conservato nella sua forma originaria. Il Corpus Hermeticum fu tradotto a Firenze nel 1463 da Marsilio Ficino, per conto di Cosimo de' Medici.
Molti templi e sacrari della Grande Dea, una volta sconsacrati o interdetti , divennero in seguito importanti luoghi di culto della cristianità. Dalle ricerche archeologiche risulta che Lourdes, Fatima e molti altri luoghi delle apparizioni Mariane, furono già luoghi sacri in epoca preistorica. Chiese dedicate alla Madonna, sorte su siti pagani (greci, etruschi, celtici...), sono numerosissime. La sovrapposizione di templi di diverse religioni dimostra anche che il culto cristiano della Madonna e il suo peculiare simbolismo fu sovrapposto intenzionalmente su quello di una grande dea pagana, spesso conservandone alcuni tipici aspetti naturalistici (Madonna del Bosco, della Fonte, delle Rocce, dei Serpenti, delle Formiche ecc.).

Ad Efeso, nell'attuale Turchia, davanti al tempio della dea Artemide si trova un edificio che la tradizione indica come "Casa della Madonna". L'edificio, sorto accanto ad acque sorgive ritenute curative, fu in parte costruito con le pietre prelevate dal vicino tempio di Artemide. Secondo la tradizione, dopo la crocifissione di Gesù, Maria venne a vivere ad Efeso in questa casa, davanti al celebre santuario dell'Artemide Efesina dove, già in quei tempi, esisteva la venerata sorgente, meta di pellegrinaggi, visibile ancora oggi.

Nel Perù, dopo la conquista spagnola, il culto andino-incaico della madre-terra (la Pachamama) fu integrato a quello della Madonna cristiana, così che oggi ambedue le figure divine sono venerate dalla popolazione di lingua quechua.

Il culto di una grande dea ha tra le sue terre d'elezione l'India.
Qui sopravvivono tradizioni antichissime, incentrate sul culto di vari aspetti del femminile, venerato nelle figure di Lakshmi, Parvati, Durga e altre dée del pantheon hindu.
Secondo la tradizione riportata nei Veda, i libri sacri dell'hinduismo, la nostra epoca corrisponde al Kali yuga, era governata dalla dea Kali, ovvero il principio femminile nel suo aspetto distruttivo. La fine di quest'era, tormentata e afflitta dai demoni dell'egoismo non più sotto controllo, coinciderà con l'inizio di un nuovo ciclo stoico.
Nei Veda è scritto che la dea Kali, al termine del suo ciclo storico, sfogherà contro la terra tutto il suo potere distruttivo. Contemporaneamente il suo divino compagno, Shiva, dormirà in un fatale estraniamento dalla vita. Ma, nel momento in cui il dio si risveglierà, la dea cesserà la sua danza di morte e distruzione e si riunirà a lui. Avrà allora inizio una nuova fase evolutiva, per tutte le creature viventi, all'insegna della pace e dell'armonia. Dal mito vedico risulta l'ambivalenza della dea. Possiede aspetti creativi e distruttivi allo stesso tempo. E' anche evidente che la pace e l'armonia dipendono dall'unione di Shiva e di Kali ( coniunctio oppositorum ).

Nelle antiche concezioni misteriosofiche la dea era la stessa terra. Monti, fiumi, caverne, laghi e boschi erano i luoghi sacri del suo corpo fisico, i suoi centri vitali. Il potere della dea , genitrice e creatrice universale, si manifestava ovunque, sotto mille nomi e forme diverse ma, come scrisse Apuleio, "unica è la sua essenza".
In tale antica cosmovisione il mondo manifestato, della vita e del divenire, quindi tutto il creato, ricade sotto la tutela del principio femminile. Il mondo invisibile delle essenze, al di là delle forme manifeste, è invece sotto la tutela del principio maschile. Nelle civiltà matrifocali, se al principio femminile spettava un ruolo centrale, quello maschile non era però escluso o sottostimato.

In ultima analisi era la "coppia" e la sua armonica interazione ad essere centrale e fondante. Analogamente ,nella congiunzione degli opposti della tradizione ermetica, i due principi, maschile e femminile, congiunti secondo arte e conoscenza, indicavano la via per risolvere armoniosamente conflittualità e opposizioni. Tale via può essere riscoperta e rivalutata oggi, epoca di catastrofici conflitti globali, alimentati da primitive ideologie e dalla rigidità di paranoici fondamentalismi.
Kali e Shiva, archetipi divini, possono ricostituire l'ordine cosmico. Il ruolo degli esseri umani, nel propiziare questo matrimonio del Cielo e della Terra, è fondamentale. La posta in gioco è il futuro della vita.

APPENDICE
Quadro cronologico delle civiltà matrifocali dell'antica Europa


7000 a.C. Area matrifocale: Grecia, Yugoslavia, Balcani, Egeo, Creta, Italia centro-meridionale, Anatolia, mar Nero occidentale

6000 a.C. Neolitico, era megalitica: la pietra e la sua lavorazione quali elementi del culto della terra

5500 a.C. Calcolitico: apice delle civiltà matrifocali

4500 a.C. Prime invasioni da est di popoli seminomadi e patriarcali

3000 a.C. Stonehenge (I fase): piramide di Giza, Misteri di Iside, Sumer, alfabeto cuneiforme , culto di Ishtar

2500 a.C. Civiltà minoica, culto di Arianna, Pasife e il dio-toro

2000 a.C. età del bronzo : invasioni indoeuropee nel bacino mediterraneo

1450 a.C. fine della civiltà minoica

1250 a.C. Invasioni indoeuropee (Dori, Achei)

1200 a.C. Caduta di Troia

1100 a.C. Grande migrazione tirrenica: gli Etrusco-Tirreni portano nel centro-Italia il culto di una grande dea e del dio-toro

VI sec. a.C. Nascita della Repubblica Romana e inizio della decadenza etrusca. Ascesa del culto patriarcale di Giove in Roma e di Zeus ad Atene. E' anche di quest'epoca la prima compilazione scritta del Vecchio Testamento, libro sacro del patriarcale Ihawhe.

Giovanni Feo



(Articolo pubblicato nel nr. 81 di "Hera")
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